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Dettaglio articolo/intervista

Categoria: Interviste '90



Il Sabato - - 20/07/1991


Parlo in Grigio

di Walter Gatti

Intervista a... Giorgio Gaber
 

L’aria della Versilia fa bene a Giorgio Gaber. Il cantante, attore, regista ed autore milanese dalla sua casa arroccata sulle colline di Pietrasanta, a pochi chilometri da Viareggio – dove da anni trascorre le estati e gestisce il cartellone artistico della Versiliana – sta organizzando la sua rentrée musicale. Chi lo ricorda solo nella recente avventura di “Aspettando Godot” insieme a Enzo Jannacci e Felice Andreasi, chi ha sentito almeno parlare del suo ultimo spettacolo, “Il Grigio”, avrà presto l’occasione di riscoprirlo autore della caustica e anarcoide vena compositiva sovente venata di amarezza. Da fine luglio sino a metà agosto Gaber porterà in scena al teatro di Pietrasanta tre spettacoli (“Le storie del Signor G n°1 e n°2” ed “il teatro canzone di Giorgio Gaber”): sei ore di spettacolo con oltre cinquanta canzoni dei tempi d’oro, dal “Dilemma” a “Libertà obbligatoria”, e di classici monologhi firmati dallo stesso Gaber e da Sandro Luporini. Come se non bastasse Gaber sta allestendo per il mese di settembre un cartellone d’eccezione (una manifestazione che richiamerà in Italia i più bei nomi del teatro internazionale) per il palcoscenico del Goldoni di Venezia di cui è direttore artistico. Subito dopo, partirà in tournée con il suo ultimo spettacolo, “Il Dio bambino”, mentre è anche al lavoro per la sceneggiatura di un film per sua moglie, Ombretta Colli.

E TUTTO È INIZIATO CON "IL SIGNOR G" ...
Era un’idea nuova: “Il signor G” era uno spettacolo a tema, con canzoni che sviluppavano il tema, con monologhi, racconti, situazioni. Erano canovacci ricchissimi di spunti e provocazioni sulla situazione reale e di collegamenti con le questioni “eterne” del vivere. La gente si è vista arrivare addosso una forma ed un materiale di spettacolo “strano” a cui ha reagito come pubblico teatrale. Poi è arrivata la produzione discografica che era semplice registrazione degli spettacoli. Insomma abbiamo aperto un nuovo canale di comunicazione.

IL SIGNOR G COME VEDE QUESTA ITALIA DEGLI ANNI NOVANTA?
Come vedo le cose oggi lo voglio consegnare al prossimo spettacolo, il Dio bambino, che è una piccola testimonianza sul presente. Diciamo che il potere è sempre in mano agli stessi, che nel frattempo sono diventati più crudeli.

EPPURE UNA CANZONE CHE HAI RECENTEMENTE REGALATO A JANNACCI, “LA STRANA FAMIGLIA”, MOSTRA CHE ALMENO LO SCHIFO DELLA TV È EVIDENTE...
È anche vero che una volta avrei scritto cose molto più furibonde. Quella canzone è uno scherzo scritto per mia moglie. Non è proprio una “canzone intervento”, è un commento al periodo in chiave parodistica. Che si speculi in tv sulle disgrazie della gente è risaputo, forse detto così – “stiam diventando tutti coglioni/con Berlusconi o con la Rai” – fa un po’ sorpresa.

QUESTO PORTA DIRITTO AL TEMA DELL’ULTIMO SPETTACOLO, “IL GRIGIO”.
IL “MISTERO” È STATO DEFENESTRATO DALLA PRODUZIONE ARTISTICA?
Ci si potrebbe addentrare in una definizione di cultura... Per me cultura è un “modo di interrogazione”. Se l’interrogarsi sul mistero è cultura, dobbiamo impegnarci in questo lavoro. Oggi se prendo un libro, lo lascio dopo quattro pagine, non riesco a trovare stimoli nuovi. E meno stimoli hai, più ti appiattisci. Posso dire che in ciò che serve a me, esistenzialmente, l’interrogazione è centrale, per capire di più di sé, del mondo. Il fascino di questo mestiere d’artista è proprio avere dentro questa... cosa, questa interrogazione.



 

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